Collezioni preistoriche e protostoriche, Archeologia romana e medievale
Collezioni preistoriche e protostoriche
Accanto ad un cospicuo numero di reperti ceramici e litici provenienti dalle ricerche giovanili di Paolo Orsi in Vallagarina, le collezioni presentano materiali derivanti da rinvenimenti sporadici e da scavi sistematici in siti preistorici e protostorici del Basso Trentino, promossi dal Museo Civico di Rovereto nel corso del '900 e soprattutto in anni recenti. I reperti, di varia tipologia, sono attribuibili ad un vasto arco cronologico che va dal mesolitico fino alle soglie della romanizzazione.
Archeologia romana
La collezione di archeologia romana è formata da reperti di tipologia e cronologia varie, provenienti per la maggior parte dal Trentino meridionale. Si tratta di ceramiche, prodotti laterizi, rivestimenti architettonici, vetri, armi, oggetti d'ornamento personale ed utensili in bronzo e in ferro, che si collocano tra l'epoca della romanizzazione e la tarda antichità. Accanto a un piccolo nucleo di materiali risalenti a rinvenimenti casuali e indagini del XIX secolo, la parte più consistente dei reperti di età romana deriva dagli scavi sistematici coordinati dal museo nella seconda metà del '900.
Archeologia medievale
La raccolta è formata da un significativo insieme di reperti di età tardoantica/altomedievale (VI-VII secolo) provenienti dal Basso Trentino dal territorio veronese. Particolarmente degni di nota i materiali derivanti dalle ricerche ventennali nel sito di Sant'Andrea nel Lago di Loppio, dove gli scavi della Sezione archeologica hanno messo in luce i resti di una chiesa medievale e di un insediamento fortificato precedente.
La sezione si compone inoltre di pezzi di epoca bassomedievale e rinascimentale (XIV-XVI secolo), derivanti prevalentemente dalle ricerche e dagli scavi promossi in anni recenti dal museo sui siti lagarini, quali Castel Corno, la Busa dei Prereri e il castello di Dosso Maggiore.
Da segnalare, poi, la collezione di ceramiche bassomedievali, rinscimentali e moderne, che in gran parte si devono al generoso lascito dell'archeologo roveretano Paolo Orsi.